“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”. Ecco in fondo la faccenda di questo spettacolo si potrebbe riassumere in questa frase di Alessandro Baricco. Questo spettacolo è il racconto di una storia, una storia vera, una storia di fabbrica, di risate, ma anche di dolore. Questo spettacolo narra la faccenda del Petrolchimico di Marghera, che detta in poche parole è la storia di 157 operai morti di cancro e 103 malati a fegato e polmoni. Morti e ammalati a causa del lavoro a cui erano preposti, a contatto con il CVM, sostanza cancerogena. La vicenda processuale accertò che i responsabili dell’azienda (Montedison) , erano al corrente del pericolo mortale che gli operai stavano correndo, ma invece di ristrutturare gli impianti e metterli in sicurezza, avevano preferito nascondere la verità ed occultare tutti gli studi e i documenti che comprovavano la nocività mortale del CVM.
Nello spettacolo si parla della faccenda del Petrolchimico di Marghera, vista con gli occhi di Tullio, un operaio che lì dentro ci ha lavorato per 28 anni e c’è morto. Tullio parla del suo primo giorno di lavoro, della vita di fabbrica, delle sere passate in osteria con i compagni di lavoro e di come può nascere un dubbio e come questo dubbio possa diventare una certezza, di come lungo la strada che dal dubbio porta alla certezza, si possano incontrare prima l'incredulità, poi la paura, poi la rabbia e infine la rassegnazione. Poi si parla anche di precariato, dell’incidente alla Thyssen di Torino e più in generale della dignità (troppo spesso) negata del lavoro. Momenti di denuncia, di leggerezza e di drammaticità si alternano, così come la recitazione è alternata a momenti di musica dal vivo, filmati d’epoca, contributi audio.
Il testo nasce da uno studio approfondito di libri, articoli, sentenze, servizi televisivi, in alcuni momenti gli stessi personaggi riportano in scena le reali testimonianze dei famigliari delle vittime del Petrolchimico.
CON IL PATROCINIO DEL SEGRETARIATO SOCIALE RAI
Nello spettacolo si parla della faccenda del Petrolchimico di Marghera, vista con gli occhi di Tullio, un operaio che lì dentro ci ha lavorato per 28 anni e c’è morto. Tullio parla del suo primo giorno di lavoro, della vita di fabbrica, delle sere passate in osteria con i compagni di lavoro e di come può nascere un dubbio e come questo dubbio possa diventare una certezza, di come lungo la strada che dal dubbio porta alla certezza, si possano incontrare prima l'incredulità, poi la paura, poi la rabbia e infine la rassegnazione. Poi si parla anche di precariato, dell’incidente alla Thyssen di Torino e più in generale della dignità (troppo spesso) negata del lavoro. Momenti di denuncia, di leggerezza e di drammaticità si alternano, così come la recitazione è alternata a momenti di musica dal vivo, filmati d’epoca, contributi audio.
Il testo nasce da uno studio approfondito di libri, articoli, sentenze, servizi televisivi, in alcuni momenti gli stessi personaggi riportano in scena le reali testimonianze dei famigliari delle vittime del Petrolchimico.
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